Il problema clinico legato al campo delle allergie è quanto mai vasto, complesso e anche molto controverso: infatti, come vedremo, esistono anche situazioni intermedie come le pseudo-allergie o le reazioni di ipersensibilità o le reazioni tossiche, che certo non contribuiscono a semplificare una problematica che interessa milioni di persone.
Inoltre un discorso a parte meritano le intolleranze.
Infine, a complicare ancora di più le cose, va facendosi sempre più strada un'altra patologia, qui descritta in sintesi e a parte più in dettaglio per l'importanza che riveste, denominata MCS (multiple chimical sensitivity) o anche TILT (toxieant induced lost tolerance) che assomiglia alle allergie, ma che in realtà è completamente diversa, caratterizzata da reazioni abnormi a qualsiasi sostanza: profumi, inchiostri, vernici, detersivi, fonti elettromagnetiche, ecc.
Iniziamo con alcune brevi note storiche sulle allergie.
Tutto parte agli inizi del secolo scorso quando furono pubblicati alcuni libri sull’effetto negativo per la salute da parte di alcuni cibi in alcuni pazienti; il titolo del primo libro, pubblicato da F.W. Hare nel 1905, era “The food factor in disease”.
Nel 1908, quando l’allergologia non esisteva ancora,
il medico inglese Shofield immunizzò un giovane paziente che soffriva di
asma a causa delle uova.
Da allora si sono susseguiti decenni di studi e di tentativi di classificare in modo univoco e chiaro tutta la vasta problematica delle allergie e bisogna dire che il grande passo è stato fatto negli anni 40, quando fu fondata la “Society for Clinical Ecology”, cioè l’Ecologia Clinica, una branca medica sviluppatasi soprattutto nei paesi anglosassoni, che studia i sintomi e i disturbi causati dall’impatto sull’organismo delle sostanze presenti nell’ambiente, siano esse chimiche, farmacologiche, alimentari, ambientali, ecc.
In questo senso, dunque, l’Ecologia Clinica comprende anche l’allergologia, anche se oggi questa ha preso il sopravvento nell’ambito della medicina convenzionale e, anzi, tende e ritenersi l’unica realtà scientifica e a non considerare o disconoscere l’altra faccia della medaglia.
Ma, come vedremo più avanti, ciò rappresenta un errore.
Infatti, anche se è vero che le altre forme cliniche sono di più difficile diagnosi rispetto ad una forma allergica pura, è anche vero che tutte le altre reazioni abnormi (pseudoallergie, intolleranze, reazioni tossiche, MCS) sono in netto aumento sia per l’inquinamento ambientale, sia per la sofisticazione dei cibi, sia per l’aumento delle prescrizioni farmacologiche.
Vediamo adesso di classificare in modo moderno
ed attuale tutte quelle patologie caratterizzate da sintomi che
richiamano le allergie ma che, come vedremo, sono molto diverse tra
loro.
a) allergie vere o propriamente dette
b) pseudoallergie
c) intolleranze alimentari
d) reazioni tossiche e da ipersensibilità
e) perdita della tolleranza immunologia (MCS)
L’allergia propriamente detta è una reazione
acuta mediata dal sistema immunitario in risposta ad una specifica
sostanza estranea (non-self, cioè non propria dell’organismo),
in grado di determinare una sorta di shock del sistema immunitario che
reagisce in maniera violenta, determinando sintomi repentini come la
rinite, la dermatite fino a sintomi anche gravissimi come l’asma o lo
shock anafilattico.
Come detto, questa reazione viene innescata in modo così rapido in quanto è implicato il sistema immunitario con l’aumento delle Ig E, cioè gli anticorpi specifici delle reazioni allergiche.
La vera allergia, quindi, è da considerarsi quella in risposta ad una sola sostanza, cioè ad un solo allergene (poniamo i peli del gatto o i crostacei), in grado di causare repentinamente i sintomi allergici; il vero allergico,dunque, in genere non ha neanche bisogno di fare degli esami poiché già sa a cosa è allergico, avendolo sperimentato sulla propria pelle.
Le pseudoallergie, molto più frequenti delle allergie,
sono manifestazioni non sostenute da meccanismi immunitari ma dovute,
in genere, ad una serie di concause negative come l’aumento del tasso
corporeo di istamina, in genere dovuto ad abuso alimentare di cibi che
la contengono, o ad alcuni deficit enzimatici o ad un cattivo stato
funzionate di qualche organo, ad esempio del fegato.
Tutto questo comporta una stato di abnorme reattività a svariate sostanze, soprattutto alimentari e ambientali, in grado di produrre sintomi di tipo pseudoallergico, simili cioè a quelli delle allergie propriamente dette.
In questi casi, come vedremo, spesso i test evidenziano una positività a varie sostanze contemporaneamente (poniamo acari + graminacee + parietaria); in realta, un soggetto del genere non è realmente allergico a tutte quelle sostanze, bensì è la sua abnorme reattività, dovuta all’eccesso di istamina, a scatenare sintomi simili a quelli delle allergie propriamente dette, non appena l'organismo venga in contatto con sostanze ad alto contenuto di istamina.
Nello stesso tempo è frequentissimo trovare anche soggetti che, pur avendo chiari sintomi di tipo allergico, alle analisi convenzionali non risultano positivi a nulla.
Si tratta di sintomi patologici collegati all’ingestione di alcuni cibi, nei confronti dei quali si è sviluppata una sorta di idiosincrasia, o nello svezzamento o negli anni successivi, in genere per abuso alimentare.
Le intolleranze alimentari non sono caratterizzate né da produzione di anticorpi, né dalla liberazione di istamina e, in genere, producono sintomi molto diversi e più tardivi rispetto alle allergie e alle pseudoallergie (stanchezza ricorrente, ritenzione idrica, disturbi psichici con nervosismo, ansia, depressione, colite, meteorismo, gonfiore, acne, ecc.).
Il problema delle intolleranze alimentari è molto complesso per una serie di ragioni: da una parte la difficoltà di poter fare una diagnosi affidabile e, dall’altra, la scarsa conoscenza del problema da parte degli allergologi stessi, i quali, forse proprio per la difficoltà diagnostica, tendono a sottovalutare o addirittura a non considerare le intolleranze alimentari.
Ciò, ovviamente, nulla toglie ai 70-80 anni di studi e ricerche dell’ecologia clinica: anche lo stress, l’ansia, l’insonnia, il mal di testa e mille altri sintomi esistono senza che la medicina convenzionale abbia gli strumenti per “misurarli”.
Nel caso degli alimenti, esperienza, intuito e buon senso portano alla conclusione che gli alimenti possano realmente causare sintomi fastidiosi e che l’individuo possa sviluppare una certa idiosincrasia o intolleranza nei confronti di alcuni di essi.
Certamente possiamo essere d’accordo con l’allergologia sulla difficoltà diagnostica, ma ciò non toglie certo valore ad una realtà che va facendosi sempre più attuale.
E’ vero, però, che esiste il problema della diagnosi delle intolleranze, ma non è un buon motivo perchè l’allergologia se ne disinteressi totalmente.
E poi, a pensarci bene, spessissimo non vi sono certezze neanche nella diagnostica delle allergie vere e proprie (quella, per intenderci, ritenuta “scientifica” dall’allergologia stessa): infatti, come si vedrà meglio più avanti a proposito della diagnosi delle allergie, esistono casi frequentissimi di soggetti con sintomi allergici che alle analisi risultano positivi ad una miriade di sostanze (e, quindi, il test non serve a molto) o, peggio ancora, esistono casi di soggetti con chiari sintomiallergici che alle analisi non risultano positivi a nulla (e, in tal caso, il test serve ancora meno).
Come si vede, anche l’allergologia, se facesse un sereno esame di coscienza circa la sedicente “scientificità” dei mezzi diagnostici che utilizza, dovrebbe entrare essa stessa in una crisi profonda (infatti un numero sempre più elevato di persone sono deluse dalla diagnostica convenzionale, specialmente in relazione agli scarsi risultati terapeutici ottenuti con i soliti protocolli sintomatici a base di anti-istaminici e cortisonici che, invece di guarire realmente il paziente, lo relegano allo spiacevole ruolo di malato cronico).
Resta però aperto il problema della diagnosi delle intolleranze alimentari che è molto complesso e delicato perché implica anche questioni deontologiche; per questo motivo esso viene ampiamente affrontato nel documento specifico intitolato proprio “intolleranze alimentari “.
Le prime sono reazioni dovute al contatto con tossine o veleni, ad esempio ai funghi tossici.
Per ipersensibilità si intende una reazione anomala
ad alcune sostanze contenute negli alimenti, ad esempio la solanina dei
pomodori.
Le persone più esposte sono quelle che vivono in grandi città, che sono a contatto con sostanze chimiche o farmacologiche o le casalinghe sempre a contatto con detersivi, saponi, profumi e quant’altro.
I sintomi più frequenti, più o meno gravi, sono caratterizzati da malessere generale, stanchezza cronica immotivata, senso di difficoltà respiratoria, senso di chiusura alla gola, fastidio all’esofago, forte intolleranza a puzze o profumi presenti nell’ambiente, a vernici, solventi, colle, inchiostri di quaderni e giornali, toner della fotocopiatrice, fonti elettomagnetiche, shampoo, bagnoschiuma e saponi anche naturali, persino al profumo degli spaghetti al pomodoro.
Nei casi più gravi, che aumentano sempre più a dismisura, queste persone non possono più uscire di casa e, anzi, anche dentro casa stanno malissimo.
Tali sintomi vengono scambiati per sintomi allergici e trattati come tali (anti-istaminico, cortisonici, ecc.) ma, nonostante ciò, non passano e, a questo punto, i medici iniziano a parlare di stress, esaurimento, e queste persone vengono scambiate per pazienti psichiatrici o isterici o disadattati.
Così, più di 20-30 milioni di americani e di europei presentano da sintomi lievi a sintomi molto gravi senza saperne nulla, convinti essi stessi che si tratta di sintomi psicosomatici, cioè dovuti allo stress.
Per la straordinaria importanza di questa patologia, che va diventando sempre più frequente, abbiamo dedicato un documento specifico a questo problema (vai a "sindrome chimica multipla").
Detto così, la diagnosi delle allergie sembrerebbe facile, ma spesso le cose non sono così semplici: infatti spessissimo si verificano, in presenza di sintomi allergici, le seguenti possibilità che complicano non poco la vita a chi soffre di allergie:
a) non sempre a sintomi allergici corrisponde un aumento delle IgE;
b) quasi mai si riesce ad individuare una sola sostanza che sia specificamente responsabile dei sintomi allergici del paziente, anzi spesso se ne trovano molte e, in tal caso, ci troviamo certamante di fronte ad una pseudoallergia.
c) infine, accade spesso anche che, sempre in presenza di sintomi allergici, ai vari test non si individui alcuna sostanza allergizzante e anche in questo caso si tratta di pseudoallergia.
Certo non è un quadro incoraggiante, ma è la realtà dei fatti, con la quale si scontrano tanti malati.
Il problema diagnostico, dunque, in medicina convenzionale è comunque controverso e difficile.
Ma, soprattutto, nasce spontanea una domanda apparentemente provocatoria: che senso ha sottoporre i pazienti ai vari test (con relativa perdita di tempo e danaro) se poi nel 99,9 % dei casi la terapia è sempre sintomatica, a base di anti-istaminici o cortisonici?
Nel caso degli anti-istaminici si tratta evidentemente di un tipo di terapia fortemente sintomatica che, tra l’altro, non riesce realmente ad abbassare il livello di istamina, ma può solo cercare di impedirne l’azione a livello delle mucose e della pelle.
Anche il cortisone è una terapia fortemente sintomatica ed anche molto più pericolosa degli anti-istaminici.
In ogni caso, sia che si tratti di anti-istaminici che di cortisone, il problema è che in medicina convenzionale non si va mai alla ricerca degli eventi causali, ma troppo spesso ci si limita a cure sintomatiche.
Nel caso dei vaccini, solo poche volte sortiscono gli effetti sperati anche perché, come appena spiegato, spesso è difficile darli in quanto ai test o si sono individuati troppi allergeni oppure non se ne è individuato nessuno.
Tornando alla terapia biologica delle sindromi allergiche, abbiamo detto che in questi pazienti è necessario normalizzare la reattività immunologica ed abbassare il tasso di istamina.
Per fare tutto questo, in medicina biologica innanzitutto si utilizza la terapia di biorisonanza (vedi “mora terapia”) che, dati statistici alla mano, rappresenta la terapia antiallergica più potente ed efficace esistente.
Inoltre, dopo la prima visita (vedi check-up funzionale, che comprende anche la prima terapia di biorisonanza), viene impostato un protocollo nutrizionale specifico per il singolo paziente, basato sulle sue reali caratteristiche costituzionali e metaboliche e, in più, ci si può avvalere anche di rimedi omotossicologici, fitoterapici o di immunologia omeopatica che saranno eventualmente prescritti a seconda delle singole necessità.
In ogni caso la terapia fondamentale è sempre la moraterapia che rappresenta la terapia anti-allergica più efficace.
La moraterapia si effettua, a seconda dei casi, a distanza di 1-3 mesi l'una dall’altra, per un totale di sedute che vanno da 3 a 5.
Per saperne di più leggi il documento specifico sulla moraterapia.
In realtà, come già detto, l’ecologia clinica ha già studiato l’importanza delle intolleranze alimentari; il problema, caso mai, riguarda la difficoltà nella diagnosi, in quanto essa non può essere fatta con i mezzi a disposizione dell’allergologia convenzionale.
Ovviamente ciò non vuol dire che non esistano le intolleranze (la terra era rotonda anche prima che lo scoprisse Galileo!).
Il problema, però, è che, proprio per l’ostracismo dimostrato dalla medicina convenzionale, la diagnosi delle intolleranze alimentari è oggi in mano alla medicina alternativa, che utilizza varie tecniche non riconosciute dall’allergologia in quanto considerate assolutamente inaffidabili.
Le tecniche più utilizzate della medicina alternativa sono quelle effettuate con macchine elettroniche (EAV, Vegatest), con il sangue (Citotest o test citotossico) e con i test kinesiologici basati sulle prove di forza muscolare (test Dria).
Dobbiamo ammettere che tali tecniche dovrebbero considerarsi ancora in fase di studio,
anche se quelli che le praticano tendono a considerarle già assodate e
convalidate, dandole per certe anche ai pazienti: in realtà, non sono
stati mai fatti studi seri e riproducibili (effettuati con metodica in
doppio cieco) che possano garantire sia l’affidabilità dei test che
degli operatori.
Però, come già detto, la garanzia della perfetta riproducibilità non
esiste per nessuna tecnica esistente al mondo, neanche con il sangue.
Qui il discorso diventerebbe lungo e complesso e preferiamo dedicargli un capitolo a parte (vedi “Le intolleranze alimentati”).
La nostra posizione, comunque, è chiara: da una parte siamo convinti che le intolleranze rappresentino un reale problema da studiare con attenzione ed in questo siamo molto lontani dal pensiero dell’allergologia ed abbiamo già spiegato perché; d’altra parte siamo ancora più lontani da tutti quegli operatori, medici o naturopati, sedicenti esperti delle intolleranze alimentari, in quanto riteniamo di poter affermare, senza tema di smentita, che nessuna tecnica da essi utilizzata sia stata mai studiata e verificata nella sua attendibilità e riproducibilità.
Riteniamo che, a tutt’oggi, il vecchio ed empirico metodo della dieta ad esclusione sia ancora il modo più dignitoso e deontologicamente corretto che esista.
Riteniamo anche che esistano nuovi metodi per stabilire quale sia la dieta ideale di un paziente e ne rimandiamo la spiegazione non solo al documento specifico sulle “intolleranze alimentari”, ma anche al documento "Nutrizione Superiore".
In questo contesto daremo solo qualche consiglio ai lettori, in modo che essi possano evitare di essere vittime di false intolleranze, perdendo inutilmente tempo e denaro.
- Il primo consiglio è di diffidare dei test che diagnosticano più di 2-3 intolleranze, in quanto è proprio l’Ecologia Clinica ad insegnare che le intolleranze, se esistono, sono poche (e vedremo perché nel capitolo successivo dedicato specificamente alle intolleranze alimentari).
- Il secondo consiglio è di diffidare di quegli operatori che dicono ai pazienti di tornare dopo 2-3 mesi per verificare se le intolleranze sussistono o se magari, al posto loro, se ne sia aggiunta qualche altra nuova. Questo perché, ammesso che si siano testate bene, le intolleranze non cambiano così facilmente e soprattutto non se ne formano facilmente di nuove, a meno che non si sia esagerato molto con un singolo alimento in quei mesi, cosa del tutto improbabile (che, tra l’altro, il medico stesso dovrebbe dire al paziente di evitare).
- Il terzo consiglio è di considerare assolutamente inaffidabile, a priori, qualsiasi test delle intolleranze che evidenzi uno o più alimenti che il paziente non ha mai mangiato oppure ha mangiato molto raramente.
Uno degli obiettivi di questo sito, oltre a quello prioritario di far conoscere il problema a chi ne è affetto, è anche quello di far venire a conoscenza della sindrome chimica multipla il maggior numero possibile di medici.
Per quanto riguarda la terapia della MCS, in medicina
convenzionale non esistono terapie. Per questo tipo di malattia solo la
Medicina Biologica ed Integrata è in grado di proporre valide soluzioni
terapeutiche.
Rimandiamo tutta la spiegazione al capitolo specifico riguardante la sindrome chimica multipla.
Vedi anche i casi clinici (clicca)...